Il mio viaggio nel mondo dell'eros prosegue con un nuovo blog:




Buona lettura!


sabato 3 luglio 2010

Sangue e sesso

Laura aveva sempre odiato fare sesso quando aveva le mestruazioni. Ormai suo marito sembrava rassegnato: in quei giorni, Laura era scontrosa, inavvicinabile. E il sesso era l'ultimo dei suoi pensieri.

Una di quelle sere "proibite", mentre suo marito si infilava nel letto accanto a lei, Laura potè vedere la sua erezione, sotto il pigiama. Dopo essersi disteso accanto a lei, il marito le sfiorò i fianchi con il sesso duro, poi cercò di accarezzarla sulle spalle. Quando la mano le raggiunse i seni, Laura si girò e lo colpì violentemente con uno schiaffo. Potè vedere un lampo di rabbia negli occhi del marito. Ma fu solo un attimo. Laura si girò dall'altra parte, sentendosi un pò in colpa, si rannicchiò e cercò di addormentarsi.

Quella notte, Laura si svegliò sentendo un piacevole calore tra le gambe. Capì che era il sangue delle sue mestruazioni. Poi si rese conto di essere immobilizzata. Non era un sogno: le sue mani erano legate, non riusciva a muoverle. Cercò di gridare, ma capì di essere imbavagliata.

Vide un uomo in piedi nella penombra della stanza: era suo marito. Lui le accarezzò distrattamente i capelli, come se la situazione fosse normale. Poi le prese una caviglia, e cominciò a legarla, con calma, alla sponda del letto.

Laura cercò di scalciare a più non posso, ma lui continuò a legarla con fare indifferente, come se fosse qualcosa che faceva tutti i giorni. I mugolii di Laura passarono dal tono della paura a quello della rabbia. Se il marito le avesse tolto il bavaglio, avrebbe sicuramente cercato di morderlo. Quando la caviglia sinistra fu legata saldamente alla sponda del letto, il marito passò a quella destra, evitando accuratamente i calci che Laura cercava di dargli.

Ora Laura era completamente legata. Le sue caviglie erano fissate agli angoli del letto. Le sue gambe erano così aperte che si sentiva quasi squartata. Un filo del sangue delle mestruazioni le colava lentamente tra le natiche. Probabilmente il sangue aveva già macchiato le lenzuola. Laura si sorprese ad annotare mentalmente che il giorno dopo avrebbe dovuto cambiarle.

Suo marito si sedette su di lei, poco sotto i suoi seni. Il suo peso le impediva quasi di respirare. Era nudo, e il suo sesso era duro. Lo strofinò lentamente sui suoi seni, in silenzio. Poi baciò la fessura tra i suoi seni, a lungo, lasciandole sulla pelle molta saliva. Laura mugolava ancora di rabbia, e cercava di divincolarsi. Sentì il sesso del marito scivolare tra i suoi seni, mentre le mani li impastavano con forza, come se fossero pasta di pane.

Poi il marito si alzò. Finalmente Laura poteva respirare: i suoi mugolii di rabbia aumentarono. Ma il marito si inginocchiò tra le sue gambe spalancate, ed il suo sesso entrò in lei, come nel burro fuso.

Mentre il marito le afferrava i fianchi per prenderla meglio, Laura poteva sentire la sua vagina calda, aperta, per accoglierlo. Ora, le sembrava di essere sempre stata in attesa di quel sesso. Era una parte di lei, che entrava e usciva con facilità, tra gli umori e il sangue delle mestruazioni. Ora Laura non grugniva più. Era immobile, tremante, in attesa di quel cazzo. Il marito la sbatteva con sempre più forza. Quando si fermava per un attimo, per afferrarle meglio i fianchi intrisi di sudore, Laura si sorprendeva a desiderare che lui riprendesse subito.

Il marito si fermò per un attimo, si chinò su di lei e le sussurrò all'orecchio: "So quanto ti piace. Sei sempre stata la mia troia." Laura non grugniva più, ora, e non si dibatteva. In silenzio, il marito continuò a sbatterla, tenendola forte per i fianchi, fino a che lei non ricominciò a mugolare. Questa volta, di piacere.


Aika Miura

domenica 27 giugno 2010

Un sogno ricorrente

Laura aveva un sogno ricorrente. Sognava di trovarsi in un posto sconosciuto, una specie di locale notturno. Un posto caldo, affollato. Sentiva delle voci di stranieri. Nel sogno, Laura non poteva muoversi, non sapeva perchè. Mani di sconosciuti l'accarezzavano, ma lei non poteva vederli. Le sue gambe erano aperte, vergognosamente aperte, ma lei non poteva chiuderle. Dita sconosciute percorrevano il suo corpo. Il suo sesso si bagnava. Vergognosamente. Dita frugavano all'interno del suo sesso, vibravano dentro di lei, la facevano godere.

Poi Laura si svegliava, col sesso bagnato. Vergognosamente bagnato. Laura sapeva di godere molto durante quei sogni. Ma erano solo dei sogni. Laura si svegliava, si lavava, tornava alla sua vita di tutti i giorni.

Una notte, il sogno ritornò, più piacevole del solito. Per la prima volta, Laura vide il viso di uno degli sconosciuti che accarezzavano il suo corpo. Era un uomo bello, muscoloso, che parlava in una lingua straniera. L'uomo le accarezzò a lungo i capezzoli, facendoli indurire, poi glieli strinse forte. Quando le dita dell'uomo entrarono nel suo sesso già bagnato, Laura godette subito.

Laura capì perchè, nel sogno, era costretta a tenere le gambe vergognosamente aperte: era stata legata. Ora sentiva la ruvidezza delle corde sulla sua pelle. Laura capì che questa volta non era un sogno. Si trovava in una specie di locale notturno, legata carponi su di un palcoscenico, con le gambe divaricate, il sesso esposto. Sentiva i clienti del locale ridacchiare. Lei avrebbe voluto morire per la vergogna.

Laura sentì le mani dell'uomo sul palcoscenico che le apriva le natiche, per mettere in evidenza il suo sesso, ed anche l'apertura più piccola. Sembrava che quell'uomo fosse una specie di imbonitore, che la stava mettendo in vendita. Laura cercava di divincolarsi, di richiudere le sue natiche. Ma l'uomo era troppo forte, lei era legata: lottare era inutile. Ad un certo punto, l'uomo appoggio' sul sesso di Laura una specie di vibratore, e lo mosse con perizia, fino a farla mugolare di piacere. Laura, rossa di vergogna e di eccitazione, sentiva i succhi del suo sesso colare lentamente tra le cosce.

Poi un altro uomo salì sul palcoscenico. Laura stava quasi per gridare. Ma l'uomo estrasse il suo sesso, già duro, e lo infilò tutto dentro la sua bocca, come un bavaglio. Il sesso entrò dentro di lei, fino a toglierle il respiro, fino a che le sue labbra non si chiusero sui testicoli, e i testicoli non le sfiorarono i seni. Le mani dell'uomo premevano con forza sulla nuca di Laura. L'uomo sfogava il suo piacere nella bocca di Laura, con movimenti lenti e ritmici, con calma, con forza, quasi soffocandola.

Dietro di lei, Laura sentì le dita di un uomo che violavano la sua apertura più stretta, la forzavano. Poi sentì il cazzo dell'uomo premere forte sul suo ano. L'uomo la violò con forza, facendole male. Laura provò a divincolarsi, a lottare, a resistere. Cercò di gridare, mentre il cazzo dell'altro uomo nella sua bocca soffocava le sue grida. L'uomo dietro di lei la penetrò con ancora più forza, aprendola letteralmente. Fu allora che Laura ebbe un secondo orgasmo. Cercò ancora di divincolarsi, ma non poteva dissimulare a sè stessa il suo piacere, che raggiunse un nuovo culmine quando sentì lo sperma dell'uomo sgorgare copioso dentro di sè. Ora il sesso dell'uomo che le riempiva la bocca, come un bavaglio, dissimulava i suoi gemiti di piacere.

Quando il primo uomo che aveva goduto nella sua bocca si tirò indietro lentamente, Laura vide che ce n'era un altro, col sesso già duro fuori dai pantaloni, che aspettava.

Fili di sperma e di saliva colavano dalla bocca di Laura. Il suo ano era ancora un pò aperto, quasi in attesa di essere ancora riempito. Ne colava un filo di sperma, che si mescolava ai succhi del suo sesso, scendendo tra le gambe. Quando sentì la punta di un nuovo fallo premere sul suo ano, ora facile da violare, umido e accogliente, Laura, ebbe un brivido di piacere, che cercò di dissimulare. E restò in attesa, tremando.


Pulizie di casa

Per le pulizie del mio appartamento mi rivolgo ormai da anni a un'agenzia specializzata, una delle migliori del settore.

All'inizio, prima di scegliere la ragazza giusta per le pulizie di casa, pretendevo di vederne le foto, e poi di incontrarla personalmente. Per me era importante verificare personalmente l'efficienza, la precisione e la docilità delle ragazze. Prima di sceglierle, spesso sottoponevo le ragazze a una rigorosa ispezione fisica.

L'agenzia che reclutava le ragazze disponeva di appositi locali, molto accoglienti, per questo tipo di ispezioni. Qui, le candidate si facevano trovare nude, a quattro zampe, con le natiche larghe e ben esposte, su dei tavoli bassi. Di solito, mi limitavo a controllare che il sesso e l'ano fossero permettamente rasati, sfiorandoli con le dita. A volte, verificavo la docilità delle ragazze, infilando un dito bagnato di saliva nel loro ano. Dovevano aprirsi docilmente, lasciar entrare il mio dito, lasciarlo scorrere con facilità, e poi succhiarlo con dedizione, quando lo estraevo e lo infilavo nella loro bocca per ripulirlo.

Ormai l'agenzia ha capito esattamente il tipo delle mie esigenze, e non controllo più le ragazze prima di farle venire a casa. Ieri mattina é arrivata l'ultima. Era una giapponese. La sua divisa era perfetta. Dopo esser entrata, si è messa carponi, con la gonna sollevata e le natiche ben aperte. E' rimasta così, guardandomi con sottomissione, in attesa di ordini. E' perfetta. Io stesso non avrei potuto scegliere di meglio.




domenica 16 agosto 2009

Il primo incontro con Silvia

Conobbi Silvia per caso, una sera, in chat. Forse lei cominciò a desiderarmi fin da quella sera. Non so perché. Continuammo ad incontrarci in chat, senza rivelare i nostri veri volti.

Silvia imparò ad aspettarmi, in chat, indossando una gonna corta, in modo da potersi velocemente sfilare le mutandine, quando io glielo ordinavo. Imparò a restare seduta, davanti alla tastiera, con la gonna sollevata, e le natiche a diretto contatto con la sedia. Imparò ad infilare le mani sotto le sue natiche, allargandole, in modo da sentirsi ancora più aperta, esposta, mentre leggeva sullo schermo i miei messaggi. Di solito, io cominciavo descrivendo come avrei usato la sua bocca, senza riguardi, spingendo il mio sesso fino in fondo alla sua gola.

Silvia era felice di eseguire i miei ordini in chat. Di essere la mia puttana virtuale. Cominciai a chiamarla sul cellulare, dopo averla fatta eccitare in chat, per darle direttamente, a voce, i miei ordini.

Silvia era pronta. Volevo che conoscesse il sapore del mio sesso. Ci incontrammo, come per caso, in un bar, in un grande centro commerciale. Mentre parlavamo del più e del meno, in mezzo alla folla, io scrutavo il suo viso, per capire, se dopo, sarebbe stata mia.

Silvia mi chiese accompagnarla alla mia auto, senza dirmi cosa aveva deciso. Quando entrò in auto, si sfilò le mutandine, in silenzio. Poi mi guardò. Io la baciai dolcemente sulla bocca, e guidai l'auto verso un posto appartato, frequentato dagli innamorati. Mentre guidavo, una mano era tra le sue gambe, sul suo sesso, e lo accarezzava. Lei aprì le gambe, per essere più accessibile. Dopo un po', il suo sesso era già bagnato.

Quando arrivammo, fermai l'auto, estrassi il mio sesso già duro, e la guardai. Lei si chinò su di me, socchiudendo gli occhi, e sfiorando la punta del mio fallo con la sua lingua. Poi lo ingoiò lentamente, sospirando, come un dono che desiderava da tempo.


lunedì 3 agosto 2009

L'educazione di S.

Sara sta imparando a servirmi. Se la bacio, la sua bocca si apre languidamente per me, e tutto il suo corpo si abbandona. Quando è con me, non deve mai usare mutandine. Lei lo sa, glie l'ho insegnato. Se le mie mani vanno sotto la sua gonna, lei apre le gambe, obbediente. E spinge il bacino in avanti, per offrirmi meglio il suo sesso.

Ormai, quando le mie dita accarezzano il sesso di Sara, lo trovano già pronto, aperto. Mi piace che lei sia cosi' cagna, con me. Mi piace sentirla mugolare di piacere, quando la penetro con le dita. E poi, ad un mio cenno, è pronta a mettersi in ginocchio, piegata in avanti, sul divano. Con le gambe ben aperte, ed il sesso esposto, in attesa del mio cazzo. Che lei riceve con gioia, ogni volta, come un dono inaspettato.

E' ora di completare l'educazione di Sara. Di usare la sua apertura più stretta. E di rendere quell'apertura agevole, facile da usare, come il suo sesso. La prima volta, non sarà facile forzarla. Ma sarà bello. Lei sarà mia, completamente.

Sara è piegata sul divano, aperta, tremante, in attesa del mio cazzo. Le mie dita, muovendosi dentro di lei, la fanno eccitare più del solito. Volutamente. Poi, bagno un dito con la saliva. E lo infilo, lentamente, nel suo ano. Lei cerca di ribellarsi, per il dolore, per la vergogna. Ma con l'altra mano la tengo ferma, premendo la sua schiena sul divano. Spingo a fondo, e poi muovo veloce il mio dito dentro di lei, arrivando, alla fine, a strapparle mugolii di piacere. Finchè il piacere vince sul dolore e sulla vergogna.

Ora, Sara è pronta per il mio cazzo. Lo appoggio, dolcemente ma con fermezza, nella fessura tra le sue natiche. Le allargo con le mani, e comincio lentamente a penetrarla.


domenica 2 agosto 2009

Sogno del bosco



Stanotte ho sognato di essermi inoltrato nel fitto di un bosco. Camminavo lentamente nella penombra, aspirando i profumi lievi che provenivano dagli alberi, dall'erba, dai cespugli. A volte mi fermavo per accarezzare la morbidezza del muschio che copriva la corteccia di un albero.

Da un cespuglio di felci ho visto emergere una donna, nuda, selvatica, che camminava a quattro zampe con un passo elastico, da fiera. Mi si è avvicinata cautamente, con diffidenza, fiutandomi. L'ho accarezzata, prima timidamente, poi con più sicurezza. Ho percorso le sue labbra con le dita. Ho accarezzato i suoi capezzoli fino a farli diventare duri. Ho baciato i suoi capelli. Ho fatto dischiudere il suo sesso sotto le mie dita. L'ho sentita aprirsi, bagnarsi, mugolare di piacere.

Poi è scappata, nascondendosi di nuovo in mezzo alle felci, nel fitto del bosco. Ho ripreso la mia strada. Chissà se la rivedrò ancora.

domenica 10 maggio 2009

L'odore di F.

Spesso Federica spariva, per intere settimane. Quando tornava a casa, si spogliava lentamente davanti a me, si inginocchiava e restava in attesa, in silenzio, aspettando che le mettessi il suo collare. Poi, come in un rito, aspettava che offrissi il sesso alla sua bocca. E lo accoglieva con gioia.

Finché non avesse deciso di ripartire, Federica sarebbe stata ancora una volta mia, completamente mia. Avrei potuto usarla come desideravo: nulla mi sarebbe stato negato. Finché fosse rimasta con me, sarebbe rimasta completamente nuda, a parte il collare. Avrebbe dovuto bere e mangiare da una ciotola per cani, stando a quattro zampe, senza usare le mani.

Quando ero via, Federica era libera di aggirarsi per la mia casa, e per il mio giardino. Camminava lentamente, con un passo flessuoso, regale, da pantera. D'estate, amava restare sdraiata sull'erba, all'ombra degli alberi, in un punto dove c'era sempre una lieve brezza. Quando tornavo a casa, mi aspettava nel soggiorno, in ginocchio. Potevo sentire l'odore selvatico e dolce della sua pelle. Mi avvicinavo a lei, e restavo immobile, col sesso già eretto, separato dal suo viso solo dalla stoffa sottile dei miei vestiti. Lei apriva i miei pantaloni ed estraeva il mio sesso. Poi lo succhiava, quasi assorta, guardandomi fisso negli occhi. Era il suo modo per dirmi che voleva essere, ancora una volta, completamente mia.

Questo era solo l'inizio del nostro gioco. Ad un mio cenno, lei riponeva il mio sesso nei pantaloni, e si metteva carponi, con le gambe ben aperte, come le avevo insegnato. Le mie dita accarezzavano il suo sesso, facendolo bagnare e schiudere. Aspiravo il suo odore selvatico, speziato, inebriante. Poi le mie dita entravano nel suo ano, che lei apriva arrendevolmente per me. Dopo questo rito, potevo usarla come desideravo.

Quando ero a casa con Federica, anch'io preferivo restare nudo. Se ero seduto alla scrivania, lei si accucciava ai miei piedi. Conosceva perfettamente i ritmi del mio desiderio. Quando sapeva che non l'avrei rifiutata, si inginocchiava tra le mie gambe, prendeva il mio sesso tra le labbra, e lo succhiava lentamente, fino a che non riempiva la sua bocca. Poi mi guardava, in attesa. Senza usare parole, solo con le mani, io le indicavo se desideravo usare il suo sesso, oppure la sua apertura più stretta. A volte preferivo restare seduto alla scrivania, e continuare ad usare la sua bocca, afferrandole i capelli per guidare i suoi movimenti. Quando stavo per raggiungere il massimo del piacere, la mia stretta sui suoi capelli si faceva sempre più forte, in modo da spingere il sesso in fondo alla sua gola, togliendole il respiro, fino a che il mio seme non schizzava dentro di lei.

Dopo avermi soddisfatto, Federica ripuliva il mio sesso con la bocca, fermandosi ogni tanto per guardarmi, con un viso da scolaretta soddisfatta. Poi, si accucciava di nuovo vicino a me, in attesa. Ogni tanto, stiracchiandosi, mi sfiorava le gambe.

A volte, se mi desiderava più del solito, strofinava lentamente il suo sesso, aperto e bagnato, sulle mie gambe. Poi si girava, e prendeva il mio sesso, che ora sapeva già turgido, tra le labbra, guardandomi con aria innocente.

Nel folto tappeto sotto la mia scrivania potevo sentire l'odore della pelle di Federica, e del suo sesso. A volte, se lei era andata via, l'odore di quel tappeto accendeva la mia nostalgia, ed il mio desiderio. Ma sapevo che Federica sarebbe tornata ancora da me.



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